Nelle ricerche sociali condotte negli ultimi due anni si sono progressivamente analizzati i problemi e i cambiamenti provocati dalla pandemia.

Al di là dei riflessi negativi sull’economia, si sono notati progressivi turbamenti all’equilibrio psicologico di fasce sempre più ampie di popolazione.

Sono problemi non facili da rilevare, perché nelle dichiarazioni sullo status emotivo, la gente tende a difendersi, e a comunicare una discreta sopportazione.

In realtà, negli approfondimenti – che vanno oltre le razionalizzazioni – si manifestano insicurezze e bisogni di aiuto.

Ciò però non avviene in tutti i segmenti, o quantomeno, non in modo analogo.

Per capirlo, però, non è sufficiente analizzare gli individui attraverso le caratteristiche strutturali sociodemografiche, perché queste creano segmenti omogenei solo per “1 variabile”, quella in analisi. In realtà la reattività dell’individuo è connessa al suo modo di pensare e di vedere la vita nelle sue varie manifestazioni; per definizione l’analisi della verità, e la comprensione, si devono affidare ad un approccio “multivariato”.

Attraverso questo approccio metodologico siamo arrivati a rilevare dati molto interessanti. Uno su tutte è che del 31% di popolazione che si di chiara “molto preoccupata”, la maggior parte si concentra nel segmento più elitario della popolazione.

Questo dato è particolarmente sorprendente perché significa che il cambiamento e lo stato di incertezza che i recenti eventi hanno prodotto hanno eroso anche le sicurezze di chi solitamente ha sufficienti strumenti culturali ed economici per superare i momenti di crisi.

 

 

E COME SI INSERISCE IN QUESTO CONTESTO LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA?

Questo senso di abbandono e di isolamento che è tuttora avvertito in modo particolare, abbiamo visto, dal segmento più benestante della popolazione, ha dato luogo a un atteggiamento molto positivo nei confronti della pubblicità.

Durante i mesi di isolamento è emerso che alcune tipologie di avvisi pubblicitari risultassero profondamente stonati, a fronte invece dell’apprezzamento di contenuti considerati empatici ed autentici. Bisognosi di informazioni e aggiornamenti, i mezzi di comunicazione vengono percepiti come strumento di connessione con il mondo e con gli altri. E, anche a scopo compensatorio, si ha una predisposizione positiva anche nei confronti della pubblicità. Siamo stati isolati e ci siamo sentiti un po’ soli, abbiamo visto più televisione e in generale fruito di più mezzi. Abbiamo bisogno da una parte di colmare la distanza nelle nostre relazioni personali, dall’altra di sentire anche le aziende più vicine, dalla nostra parte.

Comunicare durante un’emergenza è quindi complesso ma anche molto apprezzato: è cruciale capire quali siano gli elementi valutati più positivamente e quali sono i target più affini a un determinato tipo di comunicazione.

Grazie alla nuova ricerca Eumetra “Comunicare durante le emergenze” sarà possibile stabilire quale sia la chiave giusta per una comunicazione efficace e opportuna.

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