Chi è che dà valore ed unicità ad un’opera d’arte? Chi offre lo spunto o l’autore che materialmente la esegue? Quando viene commissionato un quadro l’opera è del committente (che ha avuto l’idea, ma non sarebbe stato capace di realizzarla) o del pittore (che l’ha realizzata tecnicamente ma senza lo spunto iniziale non l’avrebbe mai creata)?
Queste domande, da sempre presenti, sono diventate ancora più attuali con la recente diffusione delle illustrazioni generate dalle Intelligenze Artificiali, su cui infuria il dibattito se la paternità debba essere attribuita a chi inserisce l’input o all’AI, che materialmente crea l’opera, seguendo suoi parametri.
È sempre più forte quindi, anche in questo campo, la discussione su quale sia l’apporto dell’autore, se non bastino una buona idea ed un buon programma e quale sia il valore aggiunto dell’intervento umano, spesso più lento e più costoso.
In questo dibattito, che può sembrare specifico del mondo dell’arte, c’è in realtà più di un parallelismo con il marketing e con la funzione della ricerca.
Senza avere la pretesa di considerarci artisti, anche il lavoro del ricercatore – come quello del pittore di qualche riga fa – rischia di venire considerato facilmente sostituibile con analisi automatiche, più rapide ed economiche.
Ma esattamente come nel caso delle illustrazioni, un’impeccabile parte tecnica e un’acuta idea iniziale rischiano di essere vanificate da un’interpretazione fuorviante od errata o di essere trascurate in favore di un’adesione acritica a quello che l’algoritmo suggerisce (o che non suggerisce, come nell’ultima provocatoria campagna della FNAC).
Non a caso le stesse AI propongono almeno 4 diverse possibilità di scelta, quando elaborano un input; allo stesso modo nell’analisi di qualsiasi set di dati sono possibili molteplici interpretazioni (ben più di 4, solitamente) che vanno analizzate e tra le quali va scelta quella che maggiormente risponde al quesito di ricerca.
E così si torna alla domanda iniziale, traslata sul mondo della ricerca: di chi è la responsabilità delle indicazioni che emergono da un’indagine? Di chi pone il problema di ricerca? Di chi risponde? Di chi inserisce su un report quei dati, in modo più o meno automatizzato?
È qui che un buon ricercatore può dare il suo valore aggiunto, ponendosi come interprete e mediatore tra i percorsi suggeriti dai numeri e la necessità specifica per la quale quei numeri sono stati creati. In modo da far capire che la responsabilità e l’autorialità di una ricerca sono sue, prima che arrivi una AI che faccia tutto da sola e offra quattro possibili risposte tra cui scegliere, chiedendo magari anche con quale stile si preferisce vederle illustrate.