Capisci di essere diventato grande
quando il direttore di banca ti fa la stessa domanda di tua madre: “Quando rientri?”
Matteo Grandi
Di Generazione Z si parla davvero tanto. Se compulsate i social nell’ultima settimana, trovate 2230 citazioni di questa coorte d’età che è il convitato di pietra di molte “conversazioni di marketing”:
- Consumatori del futuro… No! Influenzatori dei consumi già adesso;
- Indipendenti nel giudizio… No! Ancora legati al mondo degli adulti;
- Bamboccioni che non escono di casa… No! Generazione perduta a cui stiamo togliendo le opportunità;
- Digital only… No! In realtà più social che digital, più Tik Tok che social, ecc.
La sensazione concreta è che in realtà l’asserita conoscenza sia più che altro speranza, o profezia che si avveri (“Vedi… lasciano Facebook, vanno su Tik Tok).
Abbiamo tentato di comprendere la Generazione Z (i nati tra il 1995 e il 2010) in uno studio che ha abbracciato 5 Paesi (Italia, UK, Francia, Germania, Spagna) e più ne studiamo i risultati più i miti su questa generazione appaiono per quel che sono: miti o, al massimo, desideri.
Già di per sé la GenZ è fortemente variegata al suo interno: muove da coloro che più o meno hanno terminato la scuola primaria (in tutti e 5 i paesi) a coloro che hanno terminato il proprio corso di studi universitari. Quindi una generazione che vive di cambiamenti.
Anche l’idea che internet e il digitale stiano colmando le differenze socio-culturali e che questi giovanissimi condividano valori a livello globale, è smentita dai dati:
- se la difesa dell’ambiente non è tra i primi tre valori (Famiglia, Amore e, ça va sans dire dopo la pandemia, la Salute), emergono poi significative differenze tra Paesi
- nemmeno nel rapporto con la scolarizzazione e il lavoro mostrano somiglianze – italiani e spagnoli studiano a lungo e ottengono titoli di studio mediamente più alti, ma il loro accesso al lavoro full time è risibile (11% degli italiani contro il 31% in UK, il 35% in Germania e il 28% in Francia)
Va da sé che anche l’accesso al reddito è diverso: solo il 4% degli italiani e il 6% degli spagnoli dichiara di accedere a più di 1.500 Euro al mese a fronte del 28% in UK e 20% in Germania. La Germania è peraltro il Paese dove i genitori sono più prodighi di altri paesi nel fornire “argent de poche” ai propri figli.
Insomma, non bamboccioni ma differenti – e differenzianti – forme di indipendenza economica.
Come possono collocarsi le banche in tale contesto?
Ci sono elementi di opportunità e fattori di rischio.
Opportunità
I giovanissimi tendono a risparmiare in buona percentuale perché hanno – o dichiarano – una progettualità di vita.
Rischi
I giovanissimi dichiarano di non conoscere particolarmente bene il settore bancario (una mancanza di cultura che non appare significativamente diversa da Paese e Paese) e questo è un aspetto su cui lavorare sicuramente: la “consapevole ignoranza” implica un ruolo di maggior rilevanza della cerchia di influenzatori (famiglia, amici, ecc.) che infatti sono probabilmente più “influenti” in Italia, Spagna e Francia (meno del 30% dichiara di essere autonomo nell’acquisto di prodotti finanziari) mentre i giovanissimi tedeschi e inglesi mostrano una maggiore indipendenza.
In the meanwhile, in Italy….
Quando ci siamo concentrati sull’Italia abbiamo scoperto che i giovani “iperdigitalizzati” usano ancora (1 su 2) il contante (1 su 2) e la buona vecchia carta di credito (43%) seguita per un’incollatura dal PayPal (42%). Le app native dei S.O: (Apple Pay, Samsung Pay, ecc.) convincono solo un giovane su 5.
Quanto pesa il ruolo dei genitori in questi comportamenti? E quindi, altro mito che si sfata: in realtà gli acquisti finanziari sono influenzati dai genitori e non viceversa. E ne consegue una domanda – che sappiamo essere antipatica: banche e istituzioni finanziarie, quante informazioni acquisite sulle esigenze finanziarie dei figli dei vostri clienti? Quanto le mettete a sistema?
Da ultimo, esattamente come dichiarano di non sapere troppo del settore finanziario, i giovanissimi italiani ammettono di conoscere poco dei brand.
- 4 su 10 dichiara di sentirsi a conoscenza di 3 big player come Unicredit, Intesa Sanpaolo e Poste (player ad elevata pressione comunicativa e con capillare distribuzione territoriale).
- Tra i brand su cui i giovani dichiarano meno ignoranza però fanno capolino tanto banche con una spiccata immagine “conversazionale” come BPER e Banco Mediolanum, quanto player come Satispay
I valori sono però bassi, in generale: i giovanissimi ci dicono di conoscervi poco. Come farsi conoscere?
- Il passaparola (sia fisico che digitale) di genitori ed amici è la prima fonte di informazione. La conoscenza del sistema di influenza è quindi centrale per intercettarli
- I mezzi da cui attendono comunicazione sono prevalentemente online ma non necessariamente social (i social piacciono ma non discriminano per categoria merceologica)
- I contenuti di comunicazione attesi invece devono: mostrare il vantaggio economico e mostrare quali risultati si possono ottenere
In altre parole, non dimentichiamo che sono una generazione pragmatica e razionale, più di quanto ai più emotivi e impulsivi adulti piace ammettere.